lunedì 13 luglio 2015

Una finestra sul passato



Non posso che scrivervi di questa esperienza che ho vissuto, uno straordinario evento che un gruppo di ristoratori del mio piccolo paese è riuscito ad organizzare e far si che si svolgesse nel migliore dei modi, superando tantissime difficoltà: “Sagra della contrada” svolto in una masseria antica disabitata da molti anni, masseria Augelluzzi, agro di San Michele Salentino (BR) (vi lascio anche il link dove potete leggerne di più http://www.midiesis.it/midiesis/?p=16785  ).
Tutto si è svolto in pieno periodo di raccolta, portare in masseria più di sei o sette mila persone in un caldo pomeriggio di estate non è stato affatto semplice, far assaggiare alcuni piatti della nostra tradizione culinaria, preparati nello stesso modo dai nostri padri, osservare gli stessi luoghi e gli stessi attrezzi della realtà contadina che si viveva un tempo in queste caratteristiche masserie, allietati da musiche e danze del nostro passato (la famosa pizzica salentina) in una location riportata a nuova vita con coltivazioni biologiche di cereali e legumi. Il concetto di masseria conteneva in se l’idea di unità produttiva autonoma, quindi i contadini dipendevano dalle masserie, dal loro lavoro ne derivava  il salario e il sostegno alla famiglia che era quasi sempre molto numerosa.
Tutta questa gente venuta da paesi vicini e lontani, ballava a piedi nudi in piena terra divertendosi e godendosi questi momenti magici, come probabilmente accadeva in passato nel giorno della domenica.
Dopo una settimana di duro lavoro la domenica finalmente ci si poteva riposare, la gente si vestiva con l’abito della festa e finalmente indossava le scarpe, ognuno trascorreva la giornata con la propria famiglia mangiando tutti insieme (era un vero e proprio rito il pranzo della domenica, più ricco e con tanta allegria) e giunto il tramonto si facevano musica e balli, con semplicità, c’era sempre qualcuno che si improvvisava musicista con tamburelli, chitarre, armoniche e fisarmoniche, l’importante era divertirsi senza tanti preamboli.

Ecco perché questo evento l’ho vissuto come una vera e propria finestra sul passato, ci siamo impegnati a far rivivere al meglio quei momenti.  Ĕ stata un’esperienza entusiasmante per tutti, ricordandoci che di tanto in tanto si ha bisogno di esperienze come questa, sane e nel rispetto della natura e delle persone, riscoprendo il sapore delle cose semplici e della nostra tradizione.

domenica 24 maggio 2015

dal faticoso grano alla prelibata farina

L’ulivo caratterizza il paesaggio pugliese in maniera determinante, gli uliveti assomigliano a dei parchi molto curati e particolarmente invitanti alle passeggiate, soprattutto in questo periodo di fioritura, guardandoli vengono in mente bellissimi quadri e auliche poesie, ispirano pensieri ed emozioni.

Tutto ciò mi fa tornare in mente una poesia che imparai a scuola, che riesce a suscitare suggestioni simili a questa immagine degli uliveti, la cito, “il gelsomino notturno” di Pascoli:

“E s'aprono i fiori notturni,
nell'ora che penso a' miei cari.
Sono apparse in mezzo ai viburni
le farfalle crepuscolari.
Da un pezzo si tacquero i gridi:
là sola una casa bisbiglia.
Sotto l'ali dormono i nidi,
come gli occhi sotto le ciglia.
Dai calici aperti si esala
l'odore di fragole rosse.
Splende un lume là nella sala.
Nasce l'erba sopra le fosse.
Un'ape tardiva sussurra
trovando già prese le celle.
La Chioccetta per l'aia azzurra
va col suo pigolio di stelle.
Per tutta la notte s'esala
l'odore che passa col vento…”
La Puglia è anche la terra dell’olio, sua gloria e suo vanto, il nostro olio compare in tante ricette della medicina alternativa tradizionale, valido sostegno nel processo di guarigione. L’olivo ha anche la sua figura simbolica, la sua forte riconoscibilità, quasi ad essere un monumento vivente.
Avete mai pensato di passeggiare in un uliveto? 
Oppure fermarvi lungo i margini di un campo di grano maturo per ascoltare il fruscio del vento e seguire con lo sguardo le onde che crea nelle piante, come fosse un mare dorato che si muove senza sosta sotto il peso delle spighe splendenti.
Da qui a qualche giorno il grano è maturo per essere raccolto. Ricordo sempre che da bambina riconoscevo sempre questo periodo perché era critico per tutti i contadini, per via del tanto lavoro che c’era da fare per la raccolta del grano, dei legumi e dei foraggi per il bestiame. Tutto il raccolto veniva conservato al riparo, le aziende agricole chiudevano così il cerchio di tutta la fatica e il sudore in quei campi, pregando sempre nel bel tempo perché bastava anche solo un temporale per rovinare il raccolto e buttare un intero anno di lavoro.
Per questo ogni prodotto coltivato viene ritenuto come un dono prezioso, perché è frutto di tanto lavoro e tempo. In passato non si dava nulla per scontato, qualsiasi cosa bisognava guadagnarsela con sacrifici, oggi ci sono macchine agricole che aiutano e in molti casi sostituiscono braccia umane, come le mietitrebbia che riescono a dividere il grano dalla paglia che andrà poi usata nelle stalle.

Ricordo quando portavamo tutto il raccolto dai campi sull’aia delle masserie, i covoni si mettevano uno sull’altro a forma di un grande pagliaio (meta) e si aspettava la trebbiatrice, una unica per tutti, usandola aspettando il proprio turno. Alla fine della giornata ogni contadino aveva il suo grano pulito da portare a casa. Mia madre lo portava subito al mulino per poter avere “la farina nuova”. 
A seconda del tipo di grano che si aveva si preparava il pane o la pasta fresca. Si usava andare per i campi di grano già mietuti in cerca delle spighe cadute dai covoni, questo lo facevano soprattutto i bambini. Si raccoglievano formandone dei mazzi e portati a casa la mamma li batteva con un bastone separando il grano dalla paglia. La farina che si otteneva da quelle spighette veniva utilizzata per fare il primo pane (la vaccaredda) rendendo felici tutti nonostante la fatica del lungo lavoro. Momenti così lontani nel tempo, eppure vividi nella memoria.

Scoprire la Puglia significa anche conoscere la sua prelibata cucina a base di pasta fatta in casa, di pane casereccio, di carni dal profumo di pascolo e formaggi di antica tradizione. Verdure, vini generosi, olio d’oliva aromatico e frutta in abbondanza, sono tanti i doni che questa assolata terra ci regala, con coste ricche di prezioso pesce. Il clima mite tutto l’anno accompagna i profumi, sapori e colori di questa cucina mediterranea, legata a tradizioni che sono patrimoni da custodire gelosamente.
La Puglia ha una grande storia di pasta di semola fatta in casa, con queste materie prime non poteva essere diversamente, resa unica da una lavorazione a mano che ne esalta le qualità. La umile collinetta messa sul tavoliere (grande o piccolo che sia, una volta erano grandissimi) gli stessi gesti tramandati da madre in figlia, gli stessi attrezzi come mattarello, coltello e “frusciello”.

Le nostre orecchiette sono semplicissime da preparare: farina di semola, acqua e un pizzico di allegria. Moltissime sono le varianti per condirle, partendo dal semplice sugo di pomodoro con cacioricotta e basilico. Il ragù è l’unico sugo stracotto della cucina pugliese, la preparazione è un rito che si ripete da secoli, fatto dalle massaie dalle prime luci del mattino. Poi abbiamo quelle con le cime di rapa, variante di piatto invernale, oppure con le braciolette di carne o ancora con carciofi e tranci di spigola. Non si sbaglia mai con le orecchiette, in qualsiasi modo le si preparino saranno sempre buone.

giovedì 14 maggio 2015

Rosso Fragola

In questo stesso periodo inizia la raccolta delle fragole, rosse e profumatissime, che oltre ad essere ottime come frutto possono essere gustate come marmellata, liquore, su fragranti crostate, come gelato e in mille altri modi. Mangiamole però solo biologiche e sane, seppur più piccole di quelle comuni da supermercato, vi stupiranno col loro sapore inimitabile.



Marmellata di FRAGOLE
Usiamo fragole ben mature, lavate e asciugate, tagliate a pezzi, messe a cuocere a fuoco medio. Quando iniziano a disfarsi aggiungiamo la stessa quantità di zucchero e un po’ di succo di limone. Mescoliamole continuamente a fuoco lento. Possiamo verificare quando sono cotte con la giusta consistenza facendo la prova del piattino: con un cucchiaio mettiamo qualche goccia di marmellata su un piattino e se girandolo in verticale le gocce non scivolano velocemente allora la marmellata è pronta. Versiamola ancora bollente nei barattoli di vetro, chiudendo ermeticamente, si potrà conservare per più di un anno.



Liquore di FRAGOLE
In ugual misura prendiamo zucchero, fragole, alcol e acqua. Prepariamo uno sciroppo di zucchero e acqua, quando è ben freddo, lo versiamo in un recipiente di vetro a chiusura ermetica, aggiungendo la frutta precedentemente lavata, asciugata e tagliata, versandoci anche l’alcol. La macerazione dura due settimane, ogni tanto scuotiamo il recipiente. Passato questo periodo il liquido si filtra con un panno a trama stretta, imbottigliamo e conserviamo in luogo fresco e buio per circa un mese. Si beve molto fresco oppure questo liquore può essere usato per insaporire il gelato, gustandolo magari in campagna nelle sere d’estate, sotto le stelle in compagnia. Questo procedimento per il liquore lo si può adottare con il corbezzolo, che come frutto si somiglia tanto alla fragola, l’unica differenza è che il corbezzolo matura a dicembre ed è un albero sempreverde bellissimo che fa parte della macchia mediterranea.




Raccolta delle AMARENE

Dopo la maturazione di tutte le ciliegie siamo ormai in estate e si possono raccogliere le amarene, anzi si devono perché sono buonissime. Si aspetta che siano ben mature e con pazienza si raccolgono una ad una queste palline dal colore così scuro. Con delicatezza si lavano e si snocciolano sempre una ad una, prestando attenzione che non spruzzino perché con il loro succo super concentrato rischia di macchiare indelebilmente qualsiasi cosa. Quando sono pronte si pesano e si aggiunge zucchero in egual misura, lasciandole così macerare per ventiquattro ore. Trascorso questo tempo si mettono in pentola facendole bollire per quindici minuti per poi invasarle ancora bollenti in vasetti di vetro da chiudere ermeticamente. Li copriamo con una coperta di lana lasciandoli raffreddare con calma. Li conserviamo in un luogo fresco per tutto il tempo che vogliamo, anche un anno. A cosa serve questo sciroppo di amarene? Per guarnire i gelati, per bagnare il pan di spagna, per decorare dolci al cucchiaio e tantissimo altro, provare per credere, da leccarsi i baffi. 

Fave, Cicoria, ...e molto di più

Ultimi giorni per la raccolta dei piselli e fave novelle, l’estate che avanza fa indurire le piante e di conseguenza i baccelli non sono più buoni da consumare freschi. 
I pugliesi di ogni tempo hanno sempre usato queste leguminose per dare sostanza alla loro tavola, ne hanno creato la loro identità gastronomica eleggendo il classico piatto di fave e cicoria come sovrani degli orti nostrani.

Passo a descrivere la maniera classica di cuocere le fave secche sbucciate. Sono indispensabili tempo, assistenza continua e una pignata di creta. 
- Preparare metà della quantità totale di patate tagliate a pezzetti e metà di fave secche nella pignata, riempire d’acqua e sistemarla per la cottura sul fuoco.
- Quando inizia a bollire, togliere con un cucchiaio di legno la schiuma che si forma in superficie, fino ad eliminarla completamente. 
- Quando le fave cominciano a sfaldarsi bisogna scolarle e ricoprirle di acqua pulita calda, aggiungendo il sale per insaporirle e proseguendo la cottura. Un’operazione importante è quella di scuotere di tanto in tanto la pignata in modo che la purea che si trova nel fondo della pignata vada sopra e viceversa, in modo da avere una cottura omogenea.
- Cottura lunga e fuoco lento fino a quando il nostro composto non abbia raggiunto una consistenza densa e cremosa, aggiungiamo olio e mescoliamo molte volte energicamente prima di servirle.
Le fave sono pronte per essere gustate oltre che da sole anche accompagnate da svariate verdure: con cicoria, friggitelli, olive nere spadellate, uva o cipolla lessa, ecc…
Ricordo ancora come usava prepararle mia madre in enormi pignate circondate da carboni nel nostro grande camino. Non avendo il gas in casa, tutto veniva cotto con l’utilizzo del fuoco, anche in estate. Una volta che le fave erano cotte, le versava in una scodella ampia e usando un lungo cucchiaio di legno rimescolava energicamente il composto fino a renderlo cremoso e senza grumi, copriva la scodella con un canovaccio, se la sistemava sulla testa e percorreva tutti i campi per portare da mangiare alla gente che lavorava nelle nostre piantagioni, si pranzava tutti insieme condividendo un unico enorme piatto. A quei tempi la giornata lavorativa cominciava allo spuntare del sole e finiva al tramonto. La purea di fave era un alimento che dava molta energia, era il piatto fisso dei giorni feriali, accompagnata da pezzetti di pane mescolati dentro e una bottiglia di buon vino. In passato le fave si preparavano per necessità, erano un piatto povero ma nutriente, mentre adesso vengono ricercate come piatto tradizionale, semplice e gustoso.
Gli altri legumi come ceci, fagioli, lenticchie, si cuociono tutti nello stesso modo, mettendoli in ammollo la sera prima e cuocendoli in una pentola di creta, con l’aggiunta di una cipolla, pomodori, prezzemolo, sale, alloro e per chi gradisce una punta di peperoncino. Si possono mangiare semplicemente insaporendoli con olio d’oliva a crudo oppure con pasta fresca come la lasagnetta, conditi da un sughetto leggero di pomodori. Per rendere ancora più appetitosi questi piatti mia madre preparava il sugo con cubetti di pancetta rosolata, rendendoli davvero incredibili, con profumi e sapori indescrivibili.
Un altro piatto che si consumava spesso nei campi, al riparo dal sole all’ombra di qualche albero seduti su massi di pietre, era l’ “acquasala”, piatto tipicamente estivo composto da frise o pane indurito affettato, bagnato con acqua e condito con olio, pomodori freschi a pezzi, sale e tutto quello che si trovava a disposizione come cipolla cruda, origano, peperoni, cocomeri e ciò che l’orto offriva. Un piatto fresco, leggero, semplice ma sfizioso.

In questo periodo si termina la piantagione dell’orto in pieno campo, quindi è un periodo pieno di lavoro. Si piantano peperoni, fagiolini, melanzane, pomodori, cocomeri, meloni, zucchine, friggitelli e peperoncini. Tutte queste piantine si accudiscono per qualche mese con cura e perseveranza, per poter poi raccoglierne i frutti rigogliosi in estate.
Ne vale sempre la pena far questa fatica perché tra i campi riesci a capire il senso dell’abbondanza quando riempi i cesti di ogni ben di Dio che la terra ti ha dato

giovedì 30 aprile 2015

Ricette con CARCIOFI

Ci troviamo in piena primavera, la campagna è un’esplosione di vita e di colori. Gli ortaggi che si raccolgono in questo periodo sono i carciofi, i piselli e le fave novelle  fra tutti gli altri.  In questo post parliamo dei carciofi, trionfanti nel loro sapore e nelle numerose varianti che si trovano nelle varie regioni italiane.
Il carciofo è uno di quegli ortaggi che si presta benissimo a tanti piatti grazie alla sua delicatezza e al suo gusto facilmente riconoscibile.
Bisogna raccoglierli quasi tutte le mattine, portandoli dal campo in cucina si potrà subito apprezzare il profumo caratteristico di questi “fiori” così preziosi e nutrienti.



Cominciamo dal CARPACCIO DI CARCIOFI

Tagliamo il carciofo a fettine sottili, condiamo con gocce di limone, olio, sale, foglioline di mentuccia, poco aglio fresco, scagli di grana per finire. Questo è un piatto fresco e gusto, semplicissimo da preparare.



CARCIOFI ARROSTO (ricetta antica).

Prendiamo dei carciofi grossi ma teneri (è consigliabile raccogliere i primi che la pianta offre) tagliamo il gambo alla base sbattendolo appena a testa in giù su un tavolo per avere la possibilità di aprire un po’ i suoi petali, disponiamoli uno accanto all’altro in un tegame di terracotta (da noi viene chiamato TIESTO) prepariamo un mix di pangrattato, formaggio, olio, sale, prezzemolo e mentuccia. Questo composto lo usiamo per riempire i petali aperti verso l’alto, irroriamo con abbondante olio d’oliva extravergine e copriamo il tegame con un coperchio. Il tegame viene usato sui carboni che andranno a coprire anche il coperchio in modo che possa far cuocere il contenuto sia sotto che sopra. Lasciamo cuocere per circa un’ora. Quando saranno pronti li potremo gustare sia caldi che freddi, foglia per foglia, non aggiungendo altro ma gustandoci questo trionfo di sapore e profumo inconfondibili.



CARCIOFI FRITTI CON PASTELLA
Puliamo bene i carciofi togliendo le foglie più esterne che risultano dure, tagliamo a spicchi immergendoli successivamente in acqua (con qualche goccia di limone) per non farli annerire. Prepariamo la pastella.
Io ne preparo una versione ricca, a me piace che la pastella ricopra bene le verdure che andiamo a friggere quindi uso farina, formaggio, un uovo, prezzemolo, mentuccia, pepe, un pizzico di sale, latte e olio rigorosamente d’oliva.
Immergiamo gli spicchi di carciofi nella pastella e friggiamo in olio ben caldo, appena dorati li scoliamo e facciamo asciugare su della carta assorbente. Sono davvero deliziosi ancora caldi.
Se ne dovessero avanzare e vi vien voglia di utilizzarli in modo alternativo per il giorno dopo vi suggerisco un ottimo modo, gustoso e semplice. In una teglia mettiamo uno strato dei nostri carciofi fritti avanzati e li copriamo con fette di mozzarella, cospargendo poi di parmigiano grattugiato e qualche cucchiaio di sugo di pomodoro. Aggiungiamo altri strati alternati e sull’ultimo aggiungiamo del basilico fresco tritato, inforniamo per una decina di minuti. Provare per credere, buonissimi!


SFORMATO DI CARCIOFI E PATATE (ricetta della nonna)

Puliamo i carciofi e tagliamoli a fettine sottili immergendoli poi in acqua acidula, affettiamo anche cipolla e patate. In un tegame mettiamo quindi tutti i nostri ortaggi aggiungendo abbondante olio d’oliva e mescolandoli con  le mani in modo che siano ben unti tutti quanti, prendendone una parte la livelliamo nel tegame e ricopriamo con fettine di scamorza, così per varie volte alternando quindi gli strati infine ricoprendo con prezzemolo e aglio tagliati finemente. Irroriamo con un bicchiere di vino bianco, saliamo e spolverizziamo pangrattato e pepe. Inforniamo per 45 minuti e a fine cottura potremo gustarci un vero e proprio trionfo di sapori, piatti poveri che con la loro semplicità arricchiscono la nostra salute.
Con i carciofi possiamo preparare qualsiasi piatto, dall’antipasto al secondo, utilizzando tutte le parti della pianta, avete mai assaggiato i cardi? Le foglie dei carciofi? Sono ottimi davvero!
Come primo vi posso suggerire le orecchiette con i carciofi trifolati, ricetta velocissima e molto saporita. In una teglia imburrata alterniamo uno strato di orecchiette con uno di carciofi trifolati ricoprendoli di volta in volta con pangrattato e poco olio. Cottura in forno a 180 gradi, quando si forma la crosticina dorata le orecchiette sono pronte per essere divorate, ottime anche fredde.

ORECCHIETTE CON SUGO DI CARCIOFI E CARNE.

Puliamo i carciofi eliminando le foglie esterne più dure, tagliamoli a spicchi tenendoli poi in acqua acidula. Peliamo dei pomodori eliminando i semi interni e tagliandoli a pezzi piccoli. Tagliamo a cubetti un po’ di carne di maiale. Sbucciamo e tritiamo una cipolla, la facciamo soffriggere in un tegame lasciandola appassire, aggiungiamoci poi la carne a cubetti facendola cuocere a fuoco vivo sfumando con vino bianco e aggiungendo in ultimo i carciofi, mescolando per un paio di minuti. Versiamo successivamente i pomodori e facciamo cuocere per circa 30 minuti. Lessiamo le orecchiette e condiamo con il sugo ottenuto, un primo semplice e nutriente.

FRITTATA DI CARCIOFI.
Stufiamo i carciofi in poco olio. A parte sbattiamo le uova mescolandole con grana o pecorino, un pizzico di pepe, mentuccia, poco pangrattato, i funghi trifolati e versiamo il tutto in un teglia imburrata e spolverizzata di pangrattato aggiungendo un goccio d’olio d’oliva. Livelliamo nella teglia il composto e cuociamo in forno a 180 gradi. Questa frittata è buonissima anche fredda.

CARCIOFI SOTT’OLIO.
Per preparare i carciofi sott’olio si raccolgono i carciofi a fine primavera, quando sulle piante sono rimati quelli più piccolini e duri. Questi saranno ottimi da fare sott’olio perché essendo più duri manterranno la giusta consistenza dopo la cottura. Puliamoli lasciandone soltanto il cuore, devono essere grandi quanto una noce. Prepariamo una miscela di acqua e aceto bianco, portiamo ad ebollizione e scottiamo i carciofini facendoli cuocere a mezza cottura. Li scoliamo e li mettiamo nei barattoli di vetro ancora bollenti, cercando di premerli il più possibile incastrandoli in modo che con rimangano spazi vuoti nei vasetti. Aggiungiamo come aroma foglioline di mentuccia e pezzettini di aglio, copriamo infine tutto con olio d’oliva fino all’orlo e chiudiamo. Delle ottime conserve da gustare come contorno e nelle insalate.



giovedì 16 aprile 2015

Presentazione



mi chiamo Maria, sono una ragazza del ‘57, mamma di quattro figli ormai grandi e indipendenti. Farli crescere sani e forti è stato impegnativo quanto meraviglioso, un grande aiuto mi è stato dato dalla buona cucina che ho sempre voluto genuina, fatta di cose semplici.
Sono nata in una famiglia di contadini che alla terra hanno lasciato cuore e anima, come i miei nonni anche i miei genitori hanno piantato distese di ulivi e vigneti, hanno seminato grano e ogni ben di Dio.

Olio, grano, vino, i frutti più ricchi della nostra amata terra baciata dal sole, la Puglia, con la sua terra rossa, che dona sapore e profumo a tutte le piante. Amo la terra, la mia terra, che ti da indietro tutto l’amore e l’attenzione che le dedichi, ripaga ogni sacrificio, non delude mai. Sono stata educata ad amarla, non saprei starle lontano, la vita che percepisci nei campi è come un fluido di energia che non si ferma mai, come le stagioni che ritornano sempre, rincorrendosi e offrendo sempre nuovi frutti. Sono fiera della mia vita contadina, spesso mi ritrovo a pensare che se sono la persona di oggi lo devo alla mia esperienza di vita fatta di sacrifici e di fatica.
La mia cucina tradizionale è fantasiosa ma molto semplice, solo alimenti trattati con amore come la natura e il sole ci donano. Ho sempre cucinato sin da piccola, aiutavo mia madre a preparare nutrienti pasti per tutta la gente che lavorava nei nostri campi. In quei tempi non si usavano tutti i macchinari che ci sono oggi, tutti i lavori, anche i più pesanti, si facevano a mano, con la sola propria forza e lo spirito di sacrificio. Venivano a raccogliere le olive, a mietere il grano, a spaccare i massi di roccia per preparare i terreni per le nuove piantagioni, a raccogliere i fichi e farli essiccare al sole. Alla sera c’era sempre tanta gente affamata e stanca per la quale si preparava di tutto, dalle orecchiette alla lasagna, rigorosamente fatte a mano, usando la farina del nostro grano, ortaggi dei nostri campi, carne del nostro cortile sempre fornito. Ricordi emozionanti, vita vera, vissuta nel rispetto delle cose, della natura e delle persone.

Oggi in età matura mi ritrovo a gestire insieme alla mia famiglia un ristorante pizzeria, chi l’avrebbe mai detto, la vita è davvero imprevedibile. Dal mio modo di cucinare viene fuori la ragazza di un tempo, che continua a cucinare in modo sano, con alimenti di stagione e a chilometro zero.
Persino il mio orto mi procura giorno per giorno tutto quello che serve. Piantiamo di tutto, lo sento come un dovere, carciofi, piselli, fave, peperoni, melanzane, fagiolini, pomodori, insalata catalogna, patate, cime di rapa, cavolfiori, verze. Ogni cosa con la sua stagionalità, piantando ogni verdura in pieno campo, senza alcun concime chimico, ma in modo biologico, con acqua e sole che fanno la loro parte.
Si cucina giorno per giorno quello che si raccoglie al mattino, per questo nel mio locale il menù cambia spesso. Adoro il momento della raccolta al mattino, con la rugiada della notte che fa tutto più bello.

Credo fortemente nel valorizzare le nostre risorse alimentari, in modo autentico, i nostri olio e grano, pilastri della cucina pugliese, sono il nostro orgoglio, accompagnati da buon vino fatto delle nostre uve migliori come negroamaro, primitivo, malvasia, maturate sotto il sole del Salento, sapori che non temono paragoni di alcun genere. Usiamo i latticini della nostra zona, fatti ancora seguendo i metodi tradizionali delle masserie, dove oggi si possono trovare piccole botteghe per formaggi freschi e stagionati, fatti artigianalmente con il latte appena munto, una vera sinfonia di profumi e sapori, come quando lo facevamo anche noi in famiglia, me lo ricordo ancora.
Tutte le belle cose del passato le porto con me nel presente e non perdo mai la speranza che rimangano anche nel futuro.
 Non ci manca nulla, quello che ci serve per stare bene lo possiamo trovare intorno a noi, non ci resta che aver voglia di raccoglierlo e portarlo in cucina

Questo sarà un bel viaggio che vivremo insieme, raccontandovi di me, della mia cucina, dell’amore per la mia terra, di tutto ciò che di speciale ed autentico ci circonda, del mangiare sano e del vivere al meglio con semplicità tutto ciò che la terra ci regala. Vi porterò tra pentole e “pignate”, raccontandovi dei piatti che preparo, dell’importanza del biologico e dell’amore per tutto quello che si fa.
Pronti a cucinare con me?